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Il Segretario

Reportage dal fronte

By 25 Marzo 2022Aprile 1st, 2022No Comments

INIZIA LA FUGA
La vita in una valigia. Ora tutti dicono che bisogna scappare. I vicini, nel palazzo, se ne vanno. Anche la piccola signora di 90 anni del quarto piano: l’hanno portata via i nostri soldati, in braccio giù perle scale, poi dentro un carrello del supermercato. Noi avremmo voluto restare, ma mio marito combatte, e io avrei troppa paura nella cantina vuota. Almeno, fino ad ora ci si teneva compagnia. No, adesso davvero bisogna andare. Pavel ha sei mesi, lo porto nel marsupio. In spalla uno zaino con cibo, acqua, pannolini, documenti. Mischa ha 4 anni, lo terrò per mano. Poi porterò il grosso trolley rosso delle vacanze (incredibile, appena in agosto eravamo andati al mare). Di furia il cuore che batte troppo veloce, lo riempio di maglioni, calze, coperte, medicine. E’ quasi pieno. Cos’altro? Apro il cassetto delle cose care: la collana d’oro di mia nonna, il suo libro di preghiere. Foto, di tutti noi: quante. M’incanto a guardarle, ognuna è una fitta al cuore. Ma c’è fretta, e un’eco vicina di bombe. Nel trolley non ci sta più niente. Un blocco della nostra vita, pesante come cemento, resta qui, quando mi chiudo dietro la porta. Piccola, privata fine del mondo. Sul pianerottolo il gatto dei vicini, abbandonato, ci fissa con i suoi occhi d’oro. Mischa, che lo accarezza sempre, ora piange. Il piccolo dorme sul mio seno. Il trolley pesa maledettamente – il trolley rosso di felici, perdute vacanze al mare.

QUANTO PESA UN BAMBINO
Un’altra volta le sirene, a spezzare un brandello di sonno. Uno schianto, mai così vicino. Di corsa nel rifugio. Di corsa? L’ascensore è bloccato, il marito è a combattere, io qui con i miei tre bambini. Sei anni la grande, due il secondo, l’ultimo appena nato. Non c’è luce, solo la torcia del cellulare. Afferro una borsa e chiamo la bambina. Il piccolo è in carrozzina. Vlad invece dorme profondamente, davvero sembra un angelo. Le sirene, di nuovo. Cinque piani, e la carrozzina? Un vicino mai visto mi aiuta. Olga mi segue, per mano il fratellino barcollante. Ma dalla porta della cantina la carrozzina proprio non passa. Afferro Andrej e ci rifugiamo in un angolo. Olga attaccata a me, mentre allatto suo fratello. Se c’è da scappare come farò? Non riesco a spostare i due piccoli assieme. “Se dobbiamo fuggire, tu tieni Andrej in braccio.” Dico a Olga. Lei annuisce, seria – come sapesse quante bambine, prima di lei, hanno fatto lo stesso. E’ diventata grande in tre giorni. Quanto manca all’alba? Una luce vivida penetra da uno sfiatatoio. Vlad di nuovo dorme. Mi commuovo a guardarlo, così uguale a suo padre. (Già, suo padre?) Risaliamo. Quanto pesa un bambino di due anni quando si abbandona nel sonno, come in un mare? Pesa di più, lo sanno le donne. Non gli uomini in nero seduti al tavolo del potere, a Mosca e ovunque. Generali, colonnelli. Ma non sanno quanto pesa un bambino.

MENTRE CADONO LE BOMBE
Fake news.
“Ciao come stai? E passato tanto tempo dalla tua ultima risposta. Stai facendo le esercitazioni?” “Mamma, non sono più in Crimea. Sono in Ucraina, c’è una guerra vera qui. Bombardiamo tutte le città e attacchiamo anche i civili.” Risponde il figlio. “Ciavevano detto che ci avrebbero accolto a braccia aperte. E invece si gettano sotto i cingolati dei nostri carri e ci chiamano fascisti.” L’ambasciatore ucraino all’ONU Sergiv Kyslytsya ha letto ai colleghi più o meno distratti questo scambio fra un ragazzo russo al fronte e sua madre. I delegati russi avranno alzato le spalle: pare un testo di propaganda, balle, fake news … Non sappiamo se lo scambio sia autentico, ma di certo è simile a migliaia di altri che corrono fra l’Ucraina e la Russia in queste ore. Le foto di alcuni Russi prigionieri testimoniano che sono stati mandati al fronte dei coscritti, ragazzini di 18 anni, a fare carne da cannone. “Mamma, ho paura. E’ difficile”, sono le ultime parole di quel soldato alla madre. “Mamma”, parola universale. “Mamma, paura”: due parole che saprebbe dire un bambino di due anni. Mi viene in mente un vecchio elmo arrugginito della prima guerra mondiale, trovato fra falci e arcolai in un fienile ampezzano negli anni 60. Chi lo aveva indossato ci aveva inciso sopra con un coltellino: “Mamma, se posso torno”. E ancora, di nuovo, i figli partono. A volte non ritornano.

Il Segretario Provinciale Fabi Pisa

Mario Pertici

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