RIFERIMENTI NORMATIVI
La tutela della maternità è un principio fondamentale sancito dall’art.37 della Costituzione della Repubblica Italiana cherecita: ‘’La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.Tuttavia, nonostante il principio sia stato stabilito sin dal 1948, la legislazione sulla materia sino all’inizio del terzomillennio è stata condensata in pochissimi passaggi a notevole distanza temporale gli uni dagli altri e solo dal 2001 si è registrata una maggiore attività normativa.La legge 30 dicembre 1971 n° 1204 ed il relativo regolamento di attuazione DPR n.1026 del 25/11/76 costituiscono ilfondamento giuridico per la tutela della lavoratrice madre, ma nonostante il principio della parità uomo/donna sia statointrodotto nel 1977 con la L. 903 sono stati necessari quasi trent’anni per ampliare la normativa sulla maternità estendo le tutele anche al padre lavoratore con la legge quadro n. 53/2000, denominata “Disposizioni per il sostegno della maternitàe della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi della città”. Successivamente, il 26/03/2001, è stato deliberato il D. Lgs. n. 151 denominato “Testo Unico delle disposizioni legislativein materia di tutela e di sostegno della maternità e della paternità” che tutela la donna durante la maternità e garantisce il diritto del bambino ad un’adeguata assistenza da parte di entrambi i genitori.Il T.U., fatte salve le condizioni di maggior favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti collettivi e da ogni altradisposizione; rappresenta ancora oggi il testo legislativo di riferimento sulla materia avendo mantenuto la sua attualità nel tempo grazie a successivi interventi legislativi di riforma ed all’emanazione di disposizioni e circolari applicative. Dal 2008 il trattamento dei genitori adottivi o affidatari è stato sostanzialmente equiparato a quello dei genitori naturali inmateria di congedi di maternità, paternità e parentali, cambiano solo le decorrenze, riferite alla data d’ingresso in famigliaed i limiti di età dl minore. Con il D.Lgs. n. 80/2015, attuativo della delega contenuta nel Jobs Act, sono state introdotte alcune modifiche importantiall’art. 32 del T.U. in tema di congedi. Le modifiche inizialmente a carattere sperimentale, sono divenute strutturali con il successivo D.Lgs. 148/2015. Ultime in ordine temporale, le misure del ‘Pacchetto Famiglia’ introdotte dalla legge di bilancio 2017 e confermata negli anni successivi.
DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE
Il T.U. all’art.3 ribadisce il “divieto di discriminazione fondata sul sesso”, sancito nei primi articoli della legge 903/1977,legge di parità, e agli articoli 25 e seguenti del Codice Pari Opportunità (D. Lgs. 198/06) con particolare riguardo ad ognitrattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonchè di maternità o paternità, anche adottive, ovvero inragione della titolarità e dell’esercizio dei diritti relativi. È vietata qualsiasi discriminazione fra uomini e donne per quantoriguarda l’attribuzione delle qualifiche, delle mansioni e la progressione nella carriera.Le assenze dal lavoro per congedo di maternità/paternità sono considerate, ai fini della progressione della carriera, comeattività lavorativa, quando i contratti collettivi non richiedano a tale scopo particolari requisiti. Mentre per i congediparentali non ci sono norme specifiche che garantiscono la progressione automatica di carriera.In base al principio di non discriminazione, le lavoratrici a tempo parziale hanno diritto a tutte le indennità previste in proporzione all’orario ridotto della prestazione lavorativa.
DIVIETO DI LICENZIAMENTO
Le donne lavoratrici hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro per un periodo predeterminato dalla legge.Il divieto di licenziamento vige dall’inizio del periodo di gravidanza fino al compimento del primo anno di età del bambino.Il divieto di licenziamento si applica anche alle lavoratrici affidatarie o adottive indipendentemente dal fatto chel’affidamento sia temporaneo o definitivo.In caso di licenziamento la lavoratrice ha diritto ad essere reinserita nel proprio posto di lavoro mediante presentazione,entro novanta giorni dal licenziamento stesso, di idonea certificazione dalla quale risulti lo stato di gravidanza all’epoca del licenziamento.
Il divieto di licenziamento non opera nel caso di:
- colpa grave della lavoratrice, costituente giusta causa, particolarmente qualificata, tenuto conto delle attenuanti derivantidalle particolari condizioni psicofisiche;
- cessazione dell’attività dell’azienda, o di un ramo di essa nel caso in cui la lavoratrice non possa essere adibita ad altremansioni equivalenti;
- ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta, risoluzione del rapporto di lavoro per scadenzadel termine;
- esito negativo della prova; va tuttavia tenuto presente che in caso di risoluzione del rapporto di lavoro durante il periododi prova di una lavoratrice di cui è noto lo stato di gravidanza, è necessario fornire alla stessa spiegazioni dettagliate sulle ragioni che hanno prodotto il giudizio negativo.
Il divieto di licenziamento si estende anche al padre lavoratore che fruisce del congedo di paternità, per tutta la durata, fino al compimento di un anno di età del bambino. La tutela di entrambi i genitori è inoltre rafforzata dalla nullità dellicenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale, familiare o formativo. Nei casi in cui il licenziamento è consentito e la risoluzione del rapporto di lavoro si verifica durante il periodo di astensioneobbligatoria o di astensione obbligatoria anticipata, la lavoratrice ha ugualmente diritto alla indennità di maternità perl’intero periodo. Il divieto di licenziamento opera anche nel caso di adozione o di affidamento, temporaneo o definitivo, fino ad un anno dalla data di effettivo ingresso del bambino nella famiglia.
DIMISSIONI
La risoluzione consensuale del rapporto di lavoro o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periododi gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni diaccoglienza del minore adottato o in affidamento, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida è sospensivamente condizionatal’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro. In caso di dimissioni la lavoratrice o il lavoratore non sono tenuti al preavviso, e hanno comunque diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento.
TUTELA DELLA SALUTE DELLA LAVORATRICE
Dall’art 6 all’art.15 del T.U., sono indicate le norme che si occupano della prevenzione e della sicurezza della lavoratricemadre sul posto di lavoro. Queste norme sono finalizzate alla tutela, delle madri naturali, adottive o affidatarie, sino a 7 mesi di età del figlio.
LAVORI VIETATI
Durante il periodo della gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto la madre non può essere adibita a lavori pericolosi, faticosie insalubri. La lavoratrice di conseguenza viene adibita ad altre mansioni per il periodo per il quale è previsto il divieto.Il datore di lavoro è tenuto a valutare i rischi specifici esistenti per le lavoratrici in stato di gravidanza, per le puerperee le madri adottive o affidatarie, derivanti dall’esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici, individuare le misure di protezione da adottare e informare le lavoratrici e i rappresentanti per la sicurezza.Qualora i risultati della valutazione rivelino un rischio per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, il datore di lavoro adottale misure necessarie affinchè l’esposizione al rischio sia evitata, modificandone temporaneamente le condizioni e/o l’orariodi lavoro. Se la lavoratrice non può essere adibita ad altre mansioni, il servizio ispettivo del Ministero del lavoro competente per territorio, può disporre l’interdizione dal lavoro.